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Scénario Musica è una rivista  che ospita saggi, approfondimenti e informazioni volti a fornire strumenti di studio nell'ambito della Storia della Canzone Italiana moderna e contemporanea,senza tralasciare altri generi e tradizioni musicali.

Compito del periodico è cogliere il carattere specifico di interpreti, autori dei testi, compositori, musicisti e direttori d'orchestra, scrittori ed editori, ma anche Istituzioni, Scuole, Conservatori auspicando una futura storicizzazione della Storia della Canzone Italiana.

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Marjia Judin,la pianista cristiana e Stalin-di Antonio Sassone PDF Stampa E-mail
Domenica 03 Luglio 2011 16:42

 

 

 

 

MARIJA VENIAMINOVNA JUDINA

 

LA PIANISTA CHE PIACEVA A STALIN

 

di ANTONIO SASSONE per 

Marija Veniaminovna Judina è la pianista sovietica che ha lasciato la sua impronta nella storia della musica, ma ha anche iscritto il suo nome nella storia “tout-court” di quell’immenso paese che era l’Urss nel periodo duro della dittatura del proletariato, ovvero comunista. E anche nella leggenda. Perché? Perché, oltre ad essere apprezzata per le sue interpretazioni dei grandi geni musicali quali furono Mozart, Beethoven, Bach, incontrò l’ammirazione di Stalin, il “piccolo padre” che mandò migliaia di persone nei gulag, ma a Marija riconobbe una gratifica finanziaria che lei destinò alla Chiesa che frequentava. Ora Marija Judina è stata rievocata a Rimini nel corso del “Meeting per l’amicizia tra i popoli” in un’azione drammatica che ripercorre le tappe più significative della sua vita e i momenti esaltanti della sua arte di squisita interprete sulla tastiera del pianoforte. Un evento che ha richiamato un vasto pubblico.

Marija era così straordinaria – come raccontano i biografi e i musicologi – che Stalin, avendola ascoltata alla radio in una notte in cui stentava a prendere sonno, chiese che le venisse portato l’incisione discografica. Ma non c’era un disco, perché Marija cantava dal vivo – come si dice oggi. Che fare, allora? Come accontentare il dittatore? Raccontano le cronache che la pianista fu chiamata nel cuore della notte e condotta  in uno studio di registrazione dove era stata allestita nel frattempo una piccola e improvvisata orchestra. Due direttori non vollero assumere la responsabilità. Temevano che la registrazione non incontrasse il pieno gradimento di Stalin. Accorgendosi che il concerto non era quello che aveva sentito, temevano l‘ira e i fulmini di”Baffone”. Fu chiamato un terzo direttore, più abile e più coraggioso, che riuscì a confezionare la registrazione. E la realizzò in modo così perfetto che – è stato tramandato – quel duro di Stalin scoppiò in lacrime fin dalle prime note. E  la leggenda non si ferma qui. Ma anzi acquisì ulteriori dettagli postumi. Si disse che Stalin morente teneva sul giradischi l’esecuzione del concerto n.23 di Mozart eseguito da Marija. E lì fu trovato alla sua morte. Fin qui la leggenda, che forse leggenda non è, perché è storicamente accertato che l’implacabile dittatore di tutte le Russie, dopo aver ricevuto il disco, ricompensò l’artista con una somma di denaro. Lei lo ringraziò per  lettera con queste parole: " La ringrazio per il suo aiuto, Josif Vissarionovic. Pregherò giorno e notte per Lei e chiederò al Signore che perdoni i suoi gravi peccati contro il popolo e la nazione. Dio è misericordioso e La perdonerà. I soldi li devolverò per i restauri della Chiesa in cui vado”. Erano 20 rubli. Forse a quei tempi una buona somma. Li accettò, ma parlò con coraggio e a cuore aperto, sfidando forse l’ira di Stalin che avrebbe potuto farla deportare. La chiesa allora era fuorilegge. Tutti gli edifici di culto erano out, proibiti, chiusi, o requisiti o adibiti ad altri impieghi. Ad ogni modo “straordinariamente e inspiegabilmente” – raccontano i biografi - non subì nessuna conseguenza.

 

 

E sì che di limitazioni Marija ne aveva subite. Nata a Nevel   il 9 settembre 1899  da  famiglia ebraica , studiò al Conservatorio di San Pietroburgo sotto la guida di Leonid Nikolaev  ed ebbe tra i suoi compagni di classe dei grandi della musica come Dmitrij Sostakovic e Vladimir Sofronickij   e  Lei era apprezzata soprattutto per le interpretazioni di J.S.Bach  e Beethoven. Ma promoveva attivamente la musica contemporanea, tra cui quella del suo ex collega di studio,  Šostakovič. Era a sua volta professore al Conservatorio e molte volte  era stata privata della cattedra e le era stato vietato di suonare. Ma le misure restrittive nei suoi confronti non erano mai arrivate alle estreme conseguenze, quali potevano essere il carcere o la deportazione. Evidentemente la sua statura di artista limitava gli atti polizieschi, cosa che non avvenne, ad esempio, con gli scrittori. Amici e allievi le hanno riconosciuto un “carattere forte, imperioso, massimalista”. L’hanno descritta come una donna che “amava essere chiara, scandire bene le parole” e nello stesso tempo aveva un coraggio indomito fondato sulla certezza della sua fede in Dio”.  Come persona e artista l’hanno così descritta: “Quando questa donna, dalla pettinatura liscia, saliva sulla scena in un lungo abito scuro, austero, senza guardare nessuno, immersa nel suo mondo interiore, si sedeva al pianoforte, tergeva con un fazzoletto le mani e la tastiera e poi faceva una pausa prolungata, sembrava un rito di preparazione a qualcosa di importante, che superava i criteri di ordine puramente estetico per far emergere in primo piano un pathos morale”. Lo spettacolo riminese ha unito musica e teatro. Dal vivo hanno suonato la sua allieva Marina Drodzova al pianoforte, con Diana Cahanescu al violoncello, Victor Derevianko pure al pianoforte, Yury Fedorishchev al basso. E poi gli autori e attori  Angela Demattè, Jakov Nazavov, Giovanna Parravicini, Matteo Bonanni. Dall’insieme è emerso “un personaggio straordinario con una forza ancora più grande, donata dalla Fede e sostenuta dalla passione per la musica, una voce ancora una volta capace di gridare più forte della violenza della storia”.  Quella di Marija è stato ed è “un modo di suonare caratterizzato da spiccato virtuosismo, spiritualità, forza quasi mascolina e rigore intellettuale”.

ANTONIO SASSONE    

 

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